Il parco nazionale più antico d’Italia
Il Gran Paradiso è l’unico massiccio completamente italiano di 4061m di altezza. E’ situato nelle Alpi Graie, in Valle d’Aosta, tra i comuni di Valsavarenche e Cogne. Nel gruppo del Monte Rosa troviamo altre due cime che superano i 4000m e sono interamente italiane: il Corno Nero (4322m di altezza) e la Piramide Vincent (4215m di altezza). Opera di prestigio per il territorio italiano è il Parco Nazionale del Gran Paradiso, la cui storia è strettamente legata alla salvaguardia del suo animale simbolo: lo stambecco.

Parco nazionale del Gran Paradiso
Il Parco Nazionale del Gran Paradiso è il più antico d‘Italia. Fondato nel 1922 fu una vera innovazione nella salvaguardia ambientale (in Italia, prima di allora, non esisteva un parco nazionale creato con lo scopo di proteggere fauna e flora). Gli attuali confini del parco in passato erano una riserva di caccia reale. Il parco avrebbe dovuto, secondo i fondatori, difendere lo stambecco e proteggere le località «che si distinguono per la loro non comune bellezza» e che «compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico tradizionale».
Nel 1856 il re Vittorio Emanuele II aveva dichiarato Riserva Reale di Caccia queste montagne salvando in questo modo dall’estinzione lo stambecco che in quegli anni aveva ridotto la sua popolazione a livelli allarmanti. Venne istituita una guardia specializzata e vennero fatti costruire nuovi sentieri per facilitare l’accesso alle montagne.
Nel 1919 il re regalò allo Stato italiano i 2100 ettari della riserva di caccia, purché vi creasse un parco nazionale. Il 3 dicembre 1922 veniva istituito il Parco nazionale del Gran Paradiso, il primo parco nazionale italiano.
La parola “Gran Paradiso” si trova per la prima volta sulla Cartechorographiqued’une partie du Piemont et de la Savoie nel1827. Si dice che il nome derivi dalla testata della Valnontey, a Cogne, la quale era definita il «Paradiso degli stambecchi». Altri Sostengono che“Paradiso” derivi da peirro, cioè pietra in patois. Quindi Gran Paradiso vorrebbe dire Grande Pietra.
Prima salita del Gran Paradiso: un po di storia
La cima del Gran Paradiso venne raggiunta per la prima volta nel 1860, dagli alpinisti inglesi Cowel e Dundas con le guide Michel Payot e Jean Tairraz. Scalarono il versante sudovest, partendo dall’Alpe di Moncorvè. La prima ascensione invernale venne compiuta da Vittorio Sella, il 2 marzo 1885.
Rifugio Vittorio Emanuele II

Il rifugio Vittorio Emanuele II è situato a 2.732 metri di quota. Il vecchio rifugio, costruito nel 1884 è ancora in uso. E’ stato ristrutturato e vicino venne fatto costruire un altro edificio con tetto a forma parabolica. I lavori iniziarono negli anni ’30, ma a causa del conflitto mondiale venne inaugurato solamente nel 1961. Entrambi i rifugi sono dedicati al primo re d’Italia Vittorio Emanuele II.
Il rifugio è, insieme allo Chabod, la partenza per la via normale per raggiungere la cima del Gran Paradiso.
Rifugio Federico Chabod

Il rifugio Federico Chabod si trova a 2710m di altezza. Nel 1966 a causa delle difficoltà nel raggiungere alcune vie come la Becca di Montandayné, la nord-ovest del Gran Paradiso, la sud dell’Herbetet, alcune guide della Valsavarenche propongono la costruzione di un rifugio. Nell’ autunno 1967 il progetto viene presentato al Parco del Gran Paradiso. L’inaugurazione avviene così il 28 Luglio del 1985.
Il rifugio Chabod è la base di partenza per molte gite di sci alpinismo sul Gran Paradiso. In primavera infatti, non è difficile incontrare folle di alpinisti impegnati a raggiungere la cima del Gran Paradiso con gli sci. Da qui si può salire in cima anche in estate, lungo la classicissima via Normale, un itinerario dalle difficoltà tecniche non proibitive, anche se si svolge su ghiacciaio e in alta quota. L’avvicinamento al ghiacciaio per raggiungere la via normale alla cima non si differenzia troppo da quello del Vittorio Emanuele in termini di difficoltà, durata e dislivello.
Gran Paradiso: escursioni, trekking ed itinerari
Via Normale al Gran Paradiso (rifugio Vittorio Emanuele II)
Partenza e arrivo: Rifugio Vittorio Emanuele II (2732m)
Dislivello: 1326m dal rifugio
Durata: 4:30h circa (salita)
Difficoltà: F+
Dal rifugio Vittorio Emanuele II si traversa in direzione NNE la grande distesa di blocchi e si prosegue poi per tracce di sentiero in moderata salita. Da qui ci sono 3 possibilità:
- Vecchio percorso (pochi ometti e solo all’inizio del vallone): Si percorre tutto il vallone di detriti e rocce montonate per immettersi con un’ampia svolta a destra nella conca delimitata a sinistra dalla morena del Ghiacciaio del Gran Paradiso. Si mette piede sul ghiacciaio a quota 3000 mt circa e lo si risale su pendii moderatamente ripidi e, in stagione avanzata, con presenza di molto ghiaccio, fino a raggiungere, presso la caratteristica ‘schiena d’asino’, l’itinerario che si unisce a quello proveniente dal rifugio Chabod in prossimità della caratteristica Becca di Moncorvè .
- Nuovo percorso: Invece di percorrere il vallone ci si sposta sulla morena a sinistra, si risale il costone roccioso tra tracce di sentiero e roccette (non è ben segnalato ma è intuitivo) e si percorre tutta la morena, molto ben segnalata da ometti, a monte della Testa di Moncorvè. Si arriva a quota 3000, si mette piede sul ghiacciaio del Laveciau e con un breve traverso ci si unisce al percorso proveniente dal rifugio Chabod ; si percorre il vallone su pendii, in stagione avanzata, molto crepacciati fino ad arrivare al crestone nevoso della schiena d’asino in prossimità della Becca di Moncorvè.
- Nuova ferrata: Dal colle sulla morena dove si può scendere sul ghiacciaio di Laveciau, decritta al punto sopra, si può proseguire lungo la cresta, ampia, verso un cartello che si vede già dal basso. Qui inizia una nuova ferrata, attrezzata con cavo metallico, fittoni e pioli. Segue circa il filo della cresta che sovrasta il ghiacciaio. Il percorso sfrutta in parte delle cenge, raccordate da brevi tratti verticali. E’ presente un passaggio atletico verso la fine, per doppiare uno sperone strapiombante. Infine si sbarca in piano sul ghiacciaio a quota 3500 circa, prima della gobba da superare per arrivare alla congiunzione della traccia che sale dallo Chabod. (consigliato materiale da ferrata)
- Un ultimo pendio conduce alla crepacciata terminale, dalla quale si raggiunge la cresta fatta di rocce e neve, senza difficoltà fino agli ultimi 20 m dalla Madonnina. Qui un breve passaggio ma molto esposto su una cengia nel versante lato Cogne, permette di arrivare ad un intaglio e poi salire un passaggio di II che porta alla Madonna.
Questo passaggio chiave ha dei punti di ancoraggio per fare sicura. Il percorso alla cima è ad anello. Proseguire quindi lungo la cresta per poi scendere e tornare su ghiacciaio.
Il Gran Paradiso è una delle prime cime di oltre 4000m adatte a chi approccia all’alta montagna. Se non sei un esperto ma sei una persona allenata che frequenta la montagna, ti consigliamo di affidarti ad una guida alpina UIAGM.
Via Normale al Gran Paradiso (rifugio Chabod)
Partenza e arrivo: Rifugio Federico Chabod (2710m)
Dislivello: 1311m dal rifugio
Durata: 4:30h circa (salita)
Difficoltà: F+
Dopo il rifugio si imbocca una traccia pianeggiante che porta in breve all’attacco dell’acquedotto del rifugio.
Si prosegue dritto attraversando un rigagnolo d’acqua, arrivando a montare ad un certo punto sul margine detritico della morena, che si segue sul filo di cresta fino ad arrivare al limite del ghiacciaio del Laveciau (3200 Mt. circa).
Calzati i ramponi e legati si inizia a risalire il ghiacciaio puntando la parete Nord del Gran Paradiso, andando quasi a raggiungere la cresta che scende dalla cima, poi, circa a quota 3300, piegare in diagonale verso destra andando più o meno nel centro del vallone, risalirlo (ripido!) mantenendo la destra evitando i numerosi crepacci. La pendenza dopo un inizio duro si fa più accessibile e si sbuca su un vasto pianoro glaciale: la “schiena d’asino” (3700 Mt.), dove confluisce anche l’itinerario del Rifugio Vittorio Emanuele.
Vedi itinerario precedente per raggiungere la cima.
Il Gran Paradiso è una delle prime cime di oltre 4000m adatte a chi approccia all’alta montagna. Se non sei un esperto ma sei una persona allenata che frequenta la montagna, ti consigliamo di affidarti ad una guida alpina UIAGM.
Punta dell’Orletto (2469 m)
Partenza e arrivo: Campiglia Soana (1350m)
Dislivello: 1337m
Durata: 4h circa
Difficoltà: E (escursionistico)
Da Campiglia seguire la strada a fondovalle ed i sentieri per il Santuario di San Besso. Attraversare il torrente omonimo e risalirlo sulla sinistra orografica. Superata una cappelletta sale ripido sulla destra un sentiero. Raggiunta una baita (quota 1811m circa) si procede a mezzacosta, raggiungendo il santuario di San Besso. Da qui si aggira lo spallone roccioso su cui è costruito il santuario, si sale prima su balze rocciose e poi su ripidi prati sulla destra (vecchi bolli di vernice rossa), che conducono al Colle Borra ( a quota 2578m). Da qui una breve e facile cresta in discesa porta alla Punta dell’Orletto. La discesa si effettua dallo stesso itinerario oppure passando dall’Alpe Fanton di Sopra, da dove un sentiero immette nell’incassato vallone di Rio Fanton, che riporta a Campiglia Soana.
Lago di Loye
Partenza e arrivo: Lillaz
Dislivello in salita: 800m
Dislivello in discesa: 800m
Durata: 4h
Difficoltà: E (escursionistico)
Da Lillaz seguire il sentiero n° 13 che porta al Vallone dell’Urtier che si risale tenendosi sulla destra orografica. Dopo aver risalito il salto delle famose cascate di Lillaz si raggiungono i casolari di Goille (1854m) e ci si porta sulla sinistra orografica del fiume su un ponte di legno, proseguendo su una comoda mulattiera. Si aggira la Testa Goilles (2367m), per inoltrarsi nel Vallone di Bardoney (è possibile salire la modesta elevazione della Testa Goilles in 45 minuti, deviando dalla sella che divide il Vallone dell’Urtier da quello di Bardoney). Giunti a un bivio, in prossimità dell’alpeggio Bardoney a sinistra, si segue il sentiero n° 12 per aggirare un pianoro originatosi da un antico lago colmato da sedimenti. Dopo una salita su pendii aperti e un tratto in falsopiano, si ridiscende al sottostante lago di Loye. Seguendo l’evidente sentiero si raggiunge la sottostante Alpe Loye, per entrare in un fitto bosco di larici e poi di abeti. Un ripido pendio con vedute sulle cascate riporta in breve a Lillaz.
Plan Borgnoz – Lago di Meyes Damon
Partenza/arrivo: Pont Valsavarenche
Dislivello in salita: 800m
Lunghezza: 13,9km
Durata: 3h salita
Difficoltà: E (escursionistico)
Dal parcheggio, nei pressi dell’albergo, imboccare il bel sentiero che sale nel bosco.
Proseguire sino ad entrare nel vallone e salire un tratto molto ripido, ma su bella mulattiera, che supera una barriera rocciosa. Con un traverso si raggiunge la Croce de la Roley da cui la vista sul Gran Paradiso è splendida.
Proseguire ancora per un piccolo tratto sul sentiero del Nivolet per poi imboccare sulla destra il sentiero con segnavia 3A che scende leggermente sino ad attraversare il torrente su un ponte in legno. Il sentiero riprende a salire ripido, dopo un centinaio di metri di dislivello si può vedere il bel alpeggio di Teureun.
Si continua a salire con ripide svolte sino ad incrociare la vecchia strada del Nivolet che si attraversa per proseguire la ripida salita sino a raggiungere il largo sentiero che conduce alle Meyes. Seguirlo a sinistra in piano per circa trecento metri, in direzione del Colle del Nivolet, per poi imboccare sulla destra la deviazione che conduce a Plan Borgnoz. Superate le baite si raggiunge Plan Borgnoz con il suo caratteristico laghetto e le fioriture dei ranuncoli acquatici. Dopo la dovuta pausa al laghetto passare nei pressi delle baite e lungo un piccolo sentiero raggiungere un pò più avanti il sentiero principale. Si prosegue adesso lungo la pianeggiante mulattiera che attraversa diversi valloncelli per poi scendere nel piano delle Meyes. Per tutta la traversata la vista spazia dalla Grivola, all’Herbetet, al Piccolo e Gran Paradiso sino al Ciarforon ed alla slanciata Becca di Monciar. Arrivati a Meyes, imboccare sulla destra il sentiero che attraversa l’ampio pianoro erboso.
Prima che inizi a scendere risalire un piccolo tratto sulla sinistra sino a raggiungere un bellissimo laghetto dalle acque cristalline. Ritornati sul sentiero imboccare il sentiero, che diventa ripido e raggiungere prima l’alpe Meyes Damon e successivamente l’alpe Meyes Desot.
Nei pressi dell’alpeggio fate attenzione ad imboccare il sentiero sulla destra che porta in breve al termine della vecchia strada del Nivolet. Seguire la larga strada sterrata che entra in una lunga galleria per poi scendere con alcuni tornanti alla strada automobilistica. Seguire la strada verso destra e raggiungere l’auto.